L'alba di una nuova era…

Villa del Tellaro

“Villa del Tellaro” è un antica residenza extra urbana, appartenente alla tarda età imperiale, situata in contrada “Vaddeddi”, nel comune di Noto (SR).La villa sorge sulla sponda destra del Tellaro, da cui prende il nome, fiume che scende dal monte Erbesso ad ovest della città di Gerratana.
Scoperta nel 1971, contiene numerosi mosaici, appartenenti a una famiglia di antichi latifondisti romani, raffiguranti scene di poemi epici, scene di caccia e di creature mistiche, elementi che permettono di intuire la cultura di quell’antico popolo.
Tramite i mosaici della villa, è stato possibile conoscere le tradizioni, la religione, il loro culto per gli spettacoli pubblici e per la caccia.
Ciò che stupisce maggiormente della villa, è come artisti in un epoca così antica e remota siano riusciti a rappresentare, non figure grossolane e stilizzate, ma precise nei movimenti, come si può osservare dalle scie lasciate nell’acqua dagli animali nei mosaici delle scene di caccia.
Tale esperienza è stata molto istruttiva per gli alunni, poiché  ha permesso loro di conoscere i luoghi e le varie situazioni in cui vivevano i loro antenati.
Le visite di istruzione infine, soprattutto in zone locali, hanno il fondamentale ruolo di riportare l’osservatore indietro di secoli e millenni, offrendo la possibilità di scoprire come vivevano i nostri antichi progenitori, dove abitavano e come svolgevano le loro attività quotidiane, facendo riaffiorare le nostre origini e le nostre radici.

Lo studio della storia e della cultura locale sono utili per approfondire gli elementi costitutivi della nostra identità, ci permette di recuperare la memoria perduta del passato e la fiducia nel futuro dando consapevolezza e responsabilità del proprio ruolo storico contemporaneo. La storia, non si impara sui libri, non è alcunché di astratto, è qualcosa di accaduto in cambiamento continuo.

Bisogna conoscerla per ricostruire la nostra identità presente perché in fondo siamo il risultato di scelte passate: il passato ci appartiene.

Ripercorrendo i luoghi caratteristici del passato, luoghi in cui vivevano i nostri antenati, possiamo scoprire i valori costitutivi della nostra società che del passato fa una base stabile su cui costruire un futuro migliore e solido.

Cava d’Ispica: centro della nostra storia locale abitata fin dalla tarda età del bronzo costituisce la maggiore fonte di informazioni sul nostro passato. Quest’anno grazie alla scuola abbiamo avuto la possibilità di ripercorrere e vedere con i nostri occhi i luoghi dei nostri predecessori e di immaginarne le condizioni di vita e le abitudini.

Cava d’Ispica è un’incisione valliva lunga 13 km nel territorio dei comuni di Ispica, di Rosolini e di Modica. In uno scenario naturale di affascinante suggestione fatto di rocce calcaree cinerine con macchie color ruggine e ricco di una varia flora mediterranea, si situano insediamenti trogloditici, santuarietti e necropoli. Un popolo non può avere un futuro se non conosce il proprio passato.

Panoramica Cava d'Ispica

Il Castello di Federico II a Siracusa, poi detto Maniace, viene costruito fra il 1232 e 1240.

Castello Maniace
Per quasi tutto il XV secolo il Castello è una prigione.
Alla fine del XVI secolo, nel piano più generale di fortificazione della città, Castello Maniace diventa un punto nodale della cinta muraria, progettata dall’ingegnere militare spagnolo Ferramolino. Il 5 novembre 1704, una furibonda esplosione avvenuta nella polveriera sconvolge l’edificio. Brani di crociere e blocchi di calcare vengono lanciati nel raggio di diversi chilometri.
Negli anni successivi si appresta la ricostruzione, che lascia intatte le parti rovinate dall’esplosione, mentre si creano tamponature per la realizzazione di magazzini. In età napoleonica il Castello rivive con funzioni militari e viene munito di bocche da cannone. Nel 1838, a salvaguardia dei moti che stavano scatenadosi in tutto il regno, i borbonici di Ferdinando vi innalzano una casamatta.

Il Castello viene consegnato al Regno di Savoia ed utilizzato fino alla seconda guerra mondiale come deposito di materiale militare. Attualmente è in restauro.
Il nome di Castello Maniace gli deriva da Giorgio Maniace, generale bizantino che nel 1038 riconquista per breve periodo la città dagli Arabi e porta in dono due arieti bronzei ellenistici, che poi vengono posti all’entrata del Castello svevo, che ha impropriamente conservato il nome del condottiero.
Il Castello Maniace è situato sulla costa, a dominare da un lato il mare e dall’altro la città. Sorge sulla punta estrema di Ortigia, all’imboccatura del Porto Grande in una posizione strategica molto importante dove, nei secoli della lunga storia della città, sono stati sempre presenti insediamenti militari.

LA PIANTA

L’attuale pianta del Castello presenta una serie di aggiunte successive, tali da stravolgere del tutto quello che doveva essere l’assetto originario. Si giunge al Castello attraverso un ponte di pietra che sostituisce l’antico ponte levatoio posto su di un fossato di acqua di mare a difesa tutto intorno al Castello.
Era di pianta quadrata, chiuso agli angoli da quattro torrioni cilindrici, ogni lato misurava 41 metri. All’interno, in forma perfettamente modulare, vi era un’unica sala scandita da colonne con 5 campate per lato. Le venticinque campate quadrate erano disposte in duplice ordine attorno ad un atrio ad impluvio, la loro copertura era costituita da volte a crociera sorrette da semicolonne (16 nei lati e 4 angolari).

Castello Maniace interno

L’ASPETTO ESTERNO
Il primo contatto che si ha con l’edificio svevo è filtrato dal Grande Portale che si apre sul lato nord del Castello. Le sue dimensioni sono di 8 metri d’altezza e 5 metri di larghezza. Il portale si apre su un’ogiva cordonata, impreziosita dalla policromia dei marmi che spicca sulla calda doratura del calcare siracusano. L’arcosolio presenta una strombatura a tre gradini ed una bella cornice che si svolge a nastro attorno alla ghiera dell’arco. La cornice si frastaglia in foglie d’acanto distese a palmetta. La vera e propria ghiera dell’arco è listata da una cornice più piccola con lo stesso motivo. Sono scolpite nella medesima breccia rossa e posano a loro volta sopra gli abachi di due eleganti capitelli. Tutto ciò fa pensare a maestranze cistercensi presenti nel cantiere di Siracusa, ipotesi che sembra essere confermata da alcuni capitelli dell’interno. A fianco del portale si notano due mensole, ornate fino al 1448 da due arieti in bronzo di età classica, di cui uno è ancora conservato al Museo Nazionale di Palermo.
LE TORRI
Solenni e potenti sono i quattro torrioni le cui masse si stagliano a picco sul mare con vivace policromia di calcari. Dalle torri si può salire, per scale a chiocciola, al di sopra delle crociere, ad un piano terrazzato da dove si domina tutto il Porto Grande di Siracusa. Gli scalini monolitici che si avvolgono attorno alla colonna portante, sono illuminati da strettissime feritoie.
Nei vestiboli si ritrovano vaghe raffigurazioni in pietra di un’aquila staufica, di un fiero volto umano, molto simile alle iconografie di Federico, di un giudice, di un giovane servo contorto nello sforzo di togliersi una spina dal piede sinistro e di alcuni “ignudi”, che ricordano quelli della volta della torre ottagonale di Castel del Monte.
LA FINESTRA A MARE
Sulla parete di sud est si apre una grande finestra. La decorazione riprende quella policroma del portale. Originariamente doveva essere una bifora aperta almeno un metro al di sopra dell’attuale piano di calpestio (che è quello del forte cinquecentesco). Solo successivamente venne trasformata in una grande monofora. E’ possibile che la finestra appartenga ad un secondo momento, sempre di età sveva, allorché nuove esigenze decorative resero necessarie delle innovazioni non comprese nel piano originario.
LA FUNZIONE
La funzione di Castello Maniace era quella di farsi vedere da lontano: primo baluardo della cinta muraria, visibile ai naviganti “stranieri” coi quali Siracusa entrava in contatto, visibile ai nemici che intendevano attaccare la città, visibile in ogni punto ai cittadini stessi, a memoria della ribellione del 1232, sedata nel sangue , e della forza con la quale si poteva reprimerne qualunque altra. La prima considerazione critica nasce dalla struttura geometrica della pianta ed in particolare dalle combinazioni di quadrati e circonferenze, adottati per la prima volta dall’architettura sveva con precisione matematica, qui a Siracusa.
La scelta delle figure geometriche non è certo casuale. Il quadrato, il 4, nel Medioevo era il numero della terra, della Chiesa rivelata attraverso le 4 virtù teologiche; per gli Orientali 4 erano le sembianze della divinità; per i Greci i famosi 4 elementi primordiali facevano capo alla scuola presocratica. Il cerchio è il simbolo della perfezione che ha inizio e fine in sé, per gli Orientali è il sole e la vita, presso i Greci è il cosmo.
E’ noto che l’architetto medioevale usava i numeri pitagorici e i numeri musicali con la stessa confidenza con la quale usava le regole geometriche. Ogni numero era inscindibile dal proprio significato simbolico. A Siracusa è stato usato con insistenza il numero 5 (le crociere) ed il 4 (i lati), ma il 5 non è altro che la somma del 2+3, di due numeri primi della serie di Leonardo Fibonacci. E’ la serie di numeri (1,2,3,4,5) che dà ordine all’universo ed alle arti applicate. Federico II stesso ebbe diversi contatti con il Fibonacci, sommo matematico medioevale. La serie di Fibonacci è 1,2,3,5, numeri in cui ognuno è la somma dei due che lo precedono. Nella pianta di Castello Maniace, leggendo i numeri come simboli, il quadrato rappresenta la terra ed il cerchio il sole.
La teoria dei duo luminaria era stata proposta in quegli anni con particolare veemenza da Innocenzo III, l’ex tutore di Federico II: il papa, discendente da Dio, rappresenta il sole, che fa brillare la luna, l’imperatore, della propria luce riflessa. Così, come anche la luna si assoggetta al sole, l’imperatore dovrebbe sottomettersi al papa, da cui discende il motivo dell’autorità e tutti i poteri sulla terra. E’ evidente che la volontà di Federico II di identificarsi col sole si commenta da sé. Spesso Federico II era stato chiamato “Re Sole” e non poche volte era stato riproposto il simbolo della corona di raggi. Il ritornare costantemente al simbolo è una prerogativa dell’architettura sveva; la pianta di Castello Maniace al di là dalle attinenze architettoniche deve aver senza dubbio avuto tali riferimenti iconologici: torre-cerchio-sole(Cristo)-impero-Federico; pianta-quadrato-terra-impero. Senza voler giungere alla polemica anticlericale Sole (Cristo)=Federico II e non papa, si deve vedere, in questa importante costruzione sveva, un’ulteriore affermazione del potere temporale di Federico II su quello spirituale e temporale assieme della Chiesa. Oltretutto a Castello Maniace è possibile ritrovare in una mensola la chiara simbologia dell’aquila staufica. L’aquila è un simbolo latino-germanico dove si fondono il potere sacerdotale, la saggezza giuridica e il valore guerriero espresso nell’aggressività. Un ulteriore problema è stato sollevato sul Castello in quanto tale: la sua realizzazione prevedeva un uso militare. Per la sua ubicazione, appare verosimile attribuirgli anche una valenza militare, ma così come era stato costruito appare inidoneo per fornire alloggio ad una guarnigione.
Tutto qui pare creato per la gioia dello spirito e la realizzazione di un affascinante sogno d’arte, non turbato dalla necessità di accomodamenti pratici. Considerato, però, il periodo della sua costruzione (dopo la rivolta del 1232), il castello doveva indubbiamente acquisire una spiccata valenza militare. Tutti gli studiosi hanno accettato l’ipotesi che il castello avesse due piani un piano abitabile piano che aveva funzioni estetiche e ricreative, mentre il secondo funzioni militari e logistiche.

SCAVO ARCHEOLOGICO

La storia, come  arriva fino a noi?

C’è chi, giorno dopo giorno, sotto pioggia e sole si preoccupa di recuperare e portare alla luce il nostro passato : L’ARCHEOLOGO.

Non possiamo neanche immaginare quanto tempo e costanza occorrono per ritrovare ciò che la terra si è preoccupata di nascondere e conservare.

E’ possibile entrare a contatto con tutto questo visitando la “Villa Romana del Tellaro” a Noto.

Dopo aver osservato i preziosi mosaici che rendono importante la villa, un’equipe guidata da un archeologo permette di simulare uno scavo archeologico.

Potrebbe apparire un’attività semplice e banale, ma entrare a contatto con la terra, con gli strumenti del mestiere e ritrovare dei frammenti di ceramiche, mosaici, ossa, permette di sentirsi “archeologi per un giorno”.

Quanti granelli di sabbia può contenere l’universo?

Ancora una volta Archimede formula una domanda corretta. Rispondere avendo a disposizione il sistema numerico greco (che non include lo zero come numero) è stata una vera prodezza. Per farlo anticipò nuovamente concetti matematici che solo molto più tardi sarebbero diventati di uso comune : esponenziali e logaritmi.

Tutto si basa sulla definizione di ciò che potremmo chiamare un “ordine di grandezza”:ordine uno significa diecimila unità di ordine zero;ordine due significa diecimila unità in ordine uno; ordine tre significa diecimila unità in ordine due; ecc.

In questo modo possiamo individuare numeri enormi.

Il famoso “Power of Ten”,che descrive l’universo a partire dalla scala subatomica sino alla scala galattica, si basa sulla stessa idea.

Il Museo Archeologico Regionale ” Paolo Orsi ” di Siracusa, tra i più importanti d’Europa, ospita una esposizione con oltre 200 campioni di minerali e rocce della Sicilia di particolare pregio.

La Mostra, ideata e organizzata dal Museo Archeologico, ha avuto la collaborazione dell’ Associazione Mineralogica Paleontologica e della Cultura della Solfara di Sicilia con sede in Caltanissetta e di privati collezionisti.

 

L’ esposizione costituisce un grande appuntamento, dopo tante apparizioni avvenute in altri prestigiosi Musei dell’isola e rappresenta un grande richiamo per il turismo Internazionale.

 

La varietà e gli aspetti caratteristici delle rocce e minerali della Sicilia sono il frutto di uno straordinario processo di creazione e di continua interazione fra le forze della natura. Il millenario e incessante processo di formazione e trasformazione della pietra testimonia il segno che il trascorrere del tempo incide nel mondo naturale.

I materiali provenienti dai principali distretti geologici della Sicilia, esposti secondo la cronologia genetica delle rocce e i criteri di classificazione mineralogica tradizionali, propongono un percorso che ha avuto origine 70 milioni di anni fa, introducendo il grande pubblico, e soprattutto giovani e studenti, alla geologia della Sicilia attraverso il mondo della mineralogia.

Una ricca campionatura documenta in modo particolare il distretto dello zolfo e l’affascinante mondo del vulcanismo isolano.

Approfondendo e completando la trattazione degli aspetti geologici già presente nel settore preistorico, la mostra si inserisce a pieno titolo nel percorso espositivo del museo, come necessario momento introduttivo alla piena comprensione dell’avventura dell’uomo in Sicilia.

 

Nelle vetrine è racchiusa la bellezza è l’unicità della Sicilia.ImageImage

Anticipazione della matematica combinatoria

Questo puzzle si compone di 14 pezzi (11 triangoli, 2 quadrilateri e un pentagono).

La storia della scienza è costituita più da domande che da risposte. Archimede si pose una domanda che anticipò la nascita di quello che oggi è un settore della matematica: la combinatoria .

In quanti modi può essere assemblato un puzzle? Più di duemila anni dopo Archimede, e con l’aiuto di un computer, il professor Guillermo H.Cutler ha dimostrato che ci sono 536 modi diversi.

Questo “puzzle” è noto con diversi nomi : Loculus di Archimede, Syntemachion o Loculus Archimedis, Ostomachion, oppure semplicemente Quadrato di Archimede.

Lo Stomachion presenta notevolissime affinità con un antico gioco cinese: il Tangram,che significa “gioco delle sette saggezze”.

Il Tangram si compone di sette tasselli di diversa forma geometrica: cinque triangoli, un quadrato e un parallelogramma.

Le regole del gioco sono molto semplici: si tratta di comporre figure di senso compiuto usando tutti i pezzi senza sovrapporli tra loro. 

Archimede

Archimede è un personaggio straordinario di cui tutti conoscono, anche solo per sentito dire, ma la sua genialità, invece, è più che nota.

Archimede è considerato il padre della scienza, che grazie al suo comportamento trasmette un messaggio molto importante e cioè che, per quanto avanzati possano essere gli strumenti di cui l’uomo si serve per fare nuove scoperte e creazioni, questi si rivelano inutili se all’interno dell’essere umano non sono racchiuse un’intelligenza e una genialità, che anche con mezzi semplici e idee banali riescono a fiorire e a portare verso intuizioni davvero sbalorditive e , spesso, inaspettate.

Proprio per questo e altri motivi all’interno del percorso scolastico quasi sempre, non a caso, Archimede è uno dei personaggi più soggetti a ricerche e approfondimenti.

Ecco allora per voi i link delle quattro presentazioni  più votate, tra quelle create dalla 2A classico del Liceo Curcio di Ispica, per il loro carattere esplicativo e di buona realizzazione:

1) http://prezi.com/4mpkbtbemzbg/archimede/

2) http://prezi.com/v0rrogctuav6/archimede/

3) http://prezi.com/gfuef84v_te3/archimede/

Buona visione !

Archimede mentre disegna una spirale sul terreno

strumenti semplici, intuizioni geniali

Curiosità

Miraggio delle parabole

L’oggetto sembra fuoriuscire dallo specchio, e questo perché l’immagine si forma con i raggi reali riflessi e non con i loro prolungamenti (come succede normalmente dall’altro lato dello specchio).

Perché la forma delle biciclette prima era così strana?

Una ruota di bicicletta di circa 1 metro di diametro, ad ogni giro completo,percorre esattamente una distanza di pi greco metri.

Prima di inventare catene,ingranaggi e ruote dentate, c’era la ferma convinzione che più grande fosse il diametro della ruota meglio la bicicletta si sarebbe spostata in avanti.

Da qui l’enorme ruota delle prime biciclette.

Se dovessimo rappresentare Archimede con un unico simbolo,sarebbe senza dubbio il pi greco. Il pi greco si trova ovunque nelle espressioni di matematica e fisica. Per esempio, appare nell’equazione fondamentale della fisica quantistica e nell’equazione generale della gravità.

L’equazione più elegante è senza dubbio e elevato alla meno 10=-1,dove in un’unica formula, due numeri reali,un numero immaginario e il primo numero naturale appaiono insieme.